venerdì 6 maggio 2016

DERMATITE ERPETIFORME


Tale patologia colpisce principalmente individui di età compresa tra i 30 e i 40 anni ed è rara nella razza nera e negli asiatici. I depositi di IgA si trovano a livello di quasi tutta la cute apparentemente sana e di quella perilesionale. Nel 75-90% dei pazienti e in alcuni dei loro familiari è stata trovata un'enteropatia asintomatica da sensibilità al glutine. Anche l'incidenza di una patologia tiroidea è in aumento. Gli ioduri possono esacerbare la malattia, anche quando i sintomi sono sotto controllo con dapsone.
Sintomi, segni clinici e diagnosi
L'esordio è generalmente graduale. Lesioni vescicolari papulose e orticarioidi compaiono con distribuzione, il più delle volte simmetrica, sulle superfici estensorie (gomiti, ginocchia, sacro, glutei, occipite). Le vescicole e le papule si riscontrano in circa 1/3 dei pazienti. Il prurito e il bruciore sono intensi e il grattamento spesso maschera le lesioni primitive, con formazione di eczemi della cute circostante, portando all'erronea diagnosi di eczema.
Il quadro istopatologico tipico si osserva soltanto nelle lesioni recenti e nella cute perilesionale: all'apice delle papille dermiche si rinvengono microvescicole infiltrate da neutrofili. I test di immunofluorescenza diretta positivi per depositi di IgA a livello degli apici delle papille dermiche della cute apparentemente sana e di quella perilesionale, risultando positivo rappresentano una importante conferma diagnostica.
Terapia
La stretta osservanza di una dieta priva di glutine per un lungo periodo (p. es., 6-12 mesi) può tenere sotto controllo la malattia in molti pazienti, eliminando o riducendo la concomitante terapia farmacologica. Di solito, si ottiene una riduzione della sintomatologia, incluso il prurito, in 1-3 giorni di terapia con dapsone 50 mg, PO bid o tid, oppure con un'unica dose da 100 mg. Se non si verifica alcun miglioramento, la dose può essere aumentata settimanalmente fino a 100 mg qid. La terapia di mantenimento nella maggior parte dei pazienti può essere di 50-150 mg/die. Sebbene meno efficace, la sulfapiridina può essere usata come terapia alternativa; la dose orale iniziale è di 2-4 g/die mentre la dose di mantenimento è di 1-2 g/die. La colchicina è un altro farmaco da usare in alternativa.
I pazienti trattati con il dapsone o con la sulfapiridina vanno sottoposti a controlli dell'emocromo ogni settimana per 4 sett. e q 2-3 sett. per le successive 8 sett., infine q 12-16 sett., poiché l'agranulocitosi può insorgere in ogni momento.

L'anemia emolitica e la metemoglobinemia sono i più frequenti effetti collaterali riscontrabili. Queste patologie possono assumere una forma grave in persone con ereditata deficienza di G6PD. Raramente si possono avere fenomeni tossici a livello del SNC o del fegato. La sulfapiridina deve essere usata nel caso in cui la terapia con il dapsone sia causa di una considerevole emolisi e di importanti problemi cardiopolmonari o di una neuropatia periferica. Generalmente, la sulfapiridina non induce un'emolisi significativa.

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